
Auto ibride, la prima venne fatta nel 1988 (www.panorama-auto.it)
Le automobili ibride esistono da quasi quarant’anni, anche se in molti non sono a conoscenza della grande innovazione di fine anni ’80.
Si parla spesso di rivoluzione elettrica, un termine utilizzato per la transizone dalle auto termiche a quelle completamente a zero impatto ambientale. Per esigenze di mercato e anche di spesa, spesso vengono usate dalle aziende e apprezzate da molti clienti le automobili ibride, che sono il risultato dell’utilizzo di un motore elettrico abbinato a un motore a benzina o diesel.
Anche questa è stata un’innovazione senza la benché minima ombra di dubbio notevole, anche se c’è da dire che non è stata una completa novità nel ventunesimo secolo. Le automobili ibride, in effetti, esistevano già nel 1988.
Ma chi è che l’ha prodotta quasi quarant’anni fa, e quali erano le caratteristiche di questo modello così tanto speciale? Nelle righe a seguire cercheremo di capirlo: di sicuro, si tratta di un progetto che ha cambiato per esempre il mercato automobilistico.
Auto ibride, nel 1988 la prima: era italiana
La prima automobile ibrida è nata nel 1988, ed era italiana. Alfa Romeo ha realizzato quasi quarant’anni fa la 33 ibrida, prototipo rivoluzionario lanciato nell’88, ben dieci anni prima della nascita della Toyota Prius. Creata in collaborazione con Ansaldo, questo progetto era basato sulla carrozzeria della 33 Giardinetta.

L’innovativo sistema di propulsione combinava un motore bozer 1.5 a benzina da 95 cavalli con un elettrico trifase da 16 cavalli, e anche il posizionamento particolare del sistema di erogazione rendeva particolarmente unica questa invenzione; l’unità elettrica si trovava sopra il motore termico ed era collegata al cambio manuale tramite una cinghia dentata appositamente progettata. Questa curiosa configurazione è stata pensata in questo modo per operare in tre modalità distinte: al 100% elettrica, totalmente a benzina o in modalità combinata. Le batterie al nichel-cadmio, situate sotto il piano di carico, rendevano l’auto più pesante di circa 150 chilogrammi. L’autonomia del motore elettrico era di soli 5 chilometri, mentre la velocità massima non superava i 60 km/h.
Nonostante questo, tale prototipo era efficiente in maniera particolare in città. Questo veicolo avrebbe potuto essere capostipite di una flotta di taxi ecologici per le città italiane, visione che avrebbe trasformato la mobilità urbana nel nostro Paese. Il progetto non fu mai ultimato, purtroppo; solo solo tre esemplari sono stati costruiti per i test stradali, che dimostrarono la validità del concetto. I tanti problemi legati alla rumorosità, i costi di produzione elevati e un cambio di strategia aziendale portarono molto presto all’abbandono dell’iniziativa.